CORPO E SCENA
Il dualismo riscontrabile nel discorso occidentale fin dal suo sorgere, con Platone e Aristotele, ha colpito in modo particolare il corpo, facendone ora uno strumento per la riproduzione della specie, ora una prigione da cui l’anima anelava a uscire, fino al punto da desiderare la morte, ora il ricettacolo di ogni passione malvagia, fonte di sofferenza e di pena, da pagare come scotto per compensare qualche concessione di piacere. E di cosa voleva sbarazzarsi l’inquisizione, dando la caccia alle presunte streghe, se non di un corpo che non si rassegnava a vestire l’uniforme, la divisa del suddito, del soggetto al fantasma di dominio sul mondo? Ogni forma di trattamento, che si rappresenta come liberazione dal male e ne cerca la causa in un punto del corpo o in uno stato dell’anima (oggi chiamata psiche o mente), ripete il cerimoniale inquisitorio e nega la parola, la particolarità. Eppure, solo la logica particolare è l’inconscio, secondo cui ciascuno viaggia, sogna, dimentica e trova la via della gloria, nella combinazione di corpo e scena, nella cifra, che è la base della cura, anziché nella cura del corpo, ritenuto sacrificale, o della scena, economizzata come scena del male e del negativo da volgere in bene, quindi da curare come psiche o mente presunte malate.
Per esplorare questi temi, l’equipe cifrematica di Modena (che contribuisce alle attività dell’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna) ha organizzato con il patrocinio del Comune di Modena, la conferenza dal titolo “Corpo e scena” (27 aprile 2015, Palazzo dei Musei, Modena), nell’ambito degli incontri tenuti da Anna Spadafora, psicanalista e direttore dell’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna.